Il divario tra il sé ideale e il sé reale




 Masatake Morita (1874–1938) , è stato uno psichiatra Giapponese, e il fondatore della terapia Morita, una branca della psicologia clinica.

 È interessante conoscere il pensiero di questo contemporaneo di Freud, in quanto offre una visione terapeutica abbastanza diversa rispetto a quella conosciuta in occidente.

 Nel suo approccio si evidenzia il divario tra il sé ideale e il sé reale, vedendolo come una delle principali cause di ansia.
 
Pensiamo ad esempio a quelle persone che, raggiunta una certa fascia di età, magari dai trent'anni, si sentono in dovere di avere una posizione lavorativa stabile, un partner stabile e magari anche il primo figlio. E qualora queste condizioni non fossero raggiunte, vengono sopraffatte da una serie di emozioni negative. 
Dunque, il sé ideale, costruito principalmente dalla società in cui viviamo (devo essere "realizzato" in questa precisa fascia di età) e il sé reale, cioè quello che sono veramente (posso essere una persona che a trent'anni non è interessata alla stabilità) possono non coincidere. 
In una terapia prettamente occidentale, con l'esempio citato, potresti sentirti dire che è difficile trovare la persona giusta, che nel mondo del lavoro c'è crisi, che ormai il primo figlio lo si può fare anche a cinquant'anni.

La terapia Morita punta invece a cancellare totalmente il sé ideale, e ad accettare il sé reale (citando lui) "così com'è".


Nella terapia Morita c'è un'accettazione generale di tutti i tipi di sentimenti, sia buoni che cattivi, come parte naturale dell'esistenza di una persona, al posto di vederlo come qualcosa che deve essere combattuto.

La terapia Morita è una psicoterapia che mira a liberarti dall'essere ossessionato "dal devo farlo".
Morita vedeva l'ansia come un sentimento naturale. In altre parole, pensava che l'ansia in sé non fosse un problema, ma che il suo atteggiamento nei confronti dell'ansia portasse alla nevrosi.

Il processo di accettazione deve diventare qualcosa di naturale, è un fatto che ci siano sia emozioni che eventi, considerati: "piacevoli e spiacevoli, simpatici e antipatici, pregi e debolezze, perfezioni e imperfezioni". Conoscere questi fatti attraverso l'esperienza, significa vivere. Insomma non c'è primavera senza inverno.

I cardini di questo approccio sono l'accettazione completa sia delle emozioni negative e sia delle circostanze che le hanno prodotte, considerate entrambe inevitabili. 

Accettare le circostanze così come sono, non vuol dire arrendersi, ma piuttosto imparare a conoscere i propri limiti e cercare un autorealizzazione autentica. 

Se una parte della psicologia occidentale ci insegna a sopravvivere alla tempesta aspettando il sereno, l'approccio orientale ci insegna a non avere paura della tempesta.



Cristian Silvestri PSICOLOGIA SELF SERVICE






fonti di ispirazione: www.netinbag.com &  Japanese Psychology Association


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