Chi lo dice, lo è!








Per la felicità dei nostalgici della guerra fredda, i presidenti di Stati Uniti e Russia si scambiano frecciatine.

Joe Biden chiama assassino il suo collega Russo, il quale risponde con un secco: << chi lo dice, lo è...>>

Nonostante possa sembrare una risposta un po' infantile, nelle parole di Vladimir Putin, è nascosto un significato psicologicamente molto profondo.

Se vogliamo decifrare queste parole, dobbiamo addentrarci nel mondo dell'inconscio. 

Proviamo ad immaginare il nostro cervello diviso in due strati. Uno recente, moderno, che produce pensieri. Un altro più arcaico, rettiliano, che induce emozioni connesse alla nostra sopravvivenza, come rabbia e paura.
Ecco, in questo strato rettiliano del cervello si nasconde l'inconscio. 

Concettualizzando il pensiero di Freud, possiamo vederlo come l'insieme di ricordi, desideri e impulsi di cui la persona non è a conoscenza, ma sulla quale influiscono in termini di emozioni e comportamenti. Un grande database quindi, in cui vengono archiviati ricordi traumatici, desideri repressi, e soprattutto gli istinti più primitivi.

Soffermandoci su quest'ultimi, è facile comprendere come questi sono bisogni immutati nel tempo. L'uomo moderno, intellettualmente superiore rispetto all'uomo primitivo, in realtà prova la stessa sensazione di fame, ha il medesimo bisogno di accoppiarsi, e reagisce ai pericoli con le stesse modalità. A distanza di milioni di anni quindi, la parte rettiliana del cervello è rimasta intatta, e guida tutt'oggi le nostre azioni.

Meno intuitivo invece, può risultare il motivo per cui alcune verità finiscono segrete nel nostro inconscio, e magari ne prendiamo coscienza solo molti anni dopo. 

Pensiamo al nostro impianto elettrico di casa, se collegassimo contemporaneamente dieci elettrodomestici, ci sarebbe un surriscaldamento eccessivo, e quindi salterebbe la corrente per prevenire un  incendio. 

Il nostro cervello tende a lavorare allo stesso modo, qualora si presentasse un'informazione che in quel momento non siamo in grado di sopportare, viene immagazzinata nell'inconscio, e ne diventeremo coscienti soltanto quando saremo pronti.  

 Classico è il caso del bambino che scopre il tradimento coniugale di un suo genitore, ma che lo realizza soltanto in età adulta.
Altresì il caso dell'accettazione del proprio orientamento sessuale, che può essere represso anche per molto tempo, diventandone coscienti in un secondo momento.

Ebbene, tornando alle parole dello Zar, possiamo quindi trovare una stretta connessione tra ciò che diciamo o facciamo e il nostro inconscio. Infatti queste informazioni nascoste, se pur segrete per la nostra parte conscia, fuoriescono comunque da noi in maniera incontrollata, e guidano le nostre azioni. 
Riprendendo il caso dell'accettazione del proprio orientamento sessuale, il soggetto non ancora pronto a riconoscere la sua identità sessuale, potrebbe ad esempio essere reticente nel parlare sul tema dell'omosessualità, senza riuscirsi a spiegare del perché di tale disagio.  

Le parole dello psicologo americano W.Dyer risultano utilissime a chiarire il funzionamento inconscio:
"Quando giudichi gli altri, non definisci loro, definisci te stesso".

Gli altri quindi, possono essere uno specchio, in cui inconsapevolmente ci specchiamo. Possiamo essere particolarmente critici nei confronti di qualcuno, senza comprendere che forse ciò che critichiamo, ci appartiene.  


Ispirandoci ad uno degli aforismi più famosi di Oscar Wilde, possiamo schematizzare in questa maniera:

A questo mondo vi sono solo due tragedie: una è non ottenere ciò che si vuole, l'altra è di sapere che invece qualcuno l'ha ottenuto. E la seconda è la vera tragedia, perché ti obbliga a prendere coscienza che potresti far parte della prima.




Cristian Silvestri       PSICOLOGIA SELF SERVICE


















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